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Moena e Passo San Pellegrino

I rioni e le vie principali

I rioni e le vie principali

Piccoli borghi, storia e leggenda

Durante il soggiorno non si può non visitare questo piccolo borgo, antico rione di Moena ideale per una breve e interessante passeggiata. Il quartiere è una zona molto curata dai suoi abitanti che, organizzati in un’associazione che porta il nome di “Grop de Turchia”, creata al fine di salvaguardare, promuovere e sviluppare le tradizioni di questa antica via, decorano fienili, fontane e perfino legnaie, arricchendoli di splendidi fiori e piccole sculture in legno. 


I vecchi fienili diventano così edifici molto curati nonostante il tempo trascorso, valorizzati dal contrasto tra i mille colori delle piante e il vecchio legno delle costruzioni. Uno di questi, il “Tabià del Bronza”, nei mesi di luglio e agosto, è aperto al pubblico e ospita la mostra della fauna a cura dell’associazione cacciatori di Moena, dove si possono conoscere gli animali che popolano le nostre montagne.

Da vedere

Il "Tabià del Copeto" è sicuramente il fienile più bello e meglio conservato del rione. La data affissa sopra il portone indica l’anno 1693; questa è stata collocata solo negli ultimi anni, a seguito di un suo ritrovamento da parte dei proprietari all’interno dello stabile. Il tabià è molto amato dai turisti, abbellito ulteriormente da fiori e oggetti di un tempo, quali utensili, attrezzi e macchinari agricoli che lo rendono affascinante e di grande interesse.
Il "Tabià del Bronza", dove è allestita la mostra della fauna, risale invece al 1567, mentre è datato 1586 quello del Badia, nel quale si può accedere durante la festa di Turchia.

Tra storia e leggenda

Da dove realmente derivi il nome non è del tutto chiaro, due sono le principali ipotesi per spiegarne la toponomastica: c’è chi sostiene che il nome derivi da “torchia”, termine per indicare il luogo dove si torceva il lino, e chi, come tutti gli abitanti del rione, a questa spiegazione di tipo storico preferisce la leggenda del soldato turco. I nostri “Turchi” sono orgogliosamente legati a questa tradizione, tanto da organizzare feste e usanze secondo la cultura orientale, tali da aver addirittura richiamato negli ultimi anni l’attenzione della stampa turca e degli abitanti di questo Paese.

La leggenda narra che nel 1683, anno dell’assedio di Vienna da parte dell’Impero Ottomano, un soldato turco, dopo esser stato fatto prigioniero nella capitale austriaca, riuscì a fuggire e girovagando raggiunse Moena, nel rione che un tempo era battezzato “Ischiazza”. Il turco, ferito e ormai allo stremo delle forze, venne generosamente soccorso dagli abitanti della zona che gli prestarono le loro cure fino alla sua guarigione. L’aiuto e la generosità della gente fece sì che il turco decise di trasferirsi definitivamente a Moena, in questo stesso rione che in seguito prenderà il nome di Turchia.

Il carnevale e le “bastie”

Fino a qualche anno fa, la tradizione voleva che a carnevale la gente del rione Turchia dedicasse la sfilata alle sue “origini” turche.

Durante la sfilata per le vie del paese, si potevano ammirare i costumi tipici della cultura orientale e facevano la loro comparsa sultani, schiavi, soldati, donne e bambini, che celebravano il mito del loro “connazionale” orientale. Da qualche anno però, considerato che a questa sfilata si è aggiunta quella estiva in occasione della Festa di Turchia, i “Turchi” durante il carnevale si concedono qualche diversivo, allestendo carri a tema di vario genere.

In ogni caso, il carnevale e la festa non sono le uniche occasioni per assistere a una sfilata turca. Un’altra tradizione della Val di Fassa molto sentita prevede la celebrazione di una “bastia” per ogni ragazza appartenente a un determinato rione data in sposa a un uomo di un quartiere o paese differente. Questa “bastia”, nel caso del rione Turchia, si trasforma in un vero e proprio spettacolo, nel quale lo sposo, scortato da soldati e donne in abiti orientali e seguito da amici e parenti, deve raggiungere il rione per chiedere al sultano il permesso di portare via la ragazza dalla zona.

La Festa di Turchia

La Festa di Turchia, organizzata dal “Grop de Turchia” in collaborazione col Comune di Moena, è diventata negli ultimi anni un evento molto amato e di forte richiamo.

Per l’occasione viene allestita un’enorme porta per ciascuna entrata del quartiere e ogni casa e fienile sventola con orgoglio la bandiera turca. La festa ha inizio il venerdì sera e prosegue per tutto il fine settimana. Il sabato si può assistere alla sfilata dei Turchi per le vie del paese, con partenza da Piaz de Ramon alle ore 17.00, che vede protagonista il sultano seduto su un trono trascinato da schiavi e seguito da donne in abiti orientali e bambini. Finito il corteo si rientra nel cuore della festa, Turchia, dove ospiti e residenti possono visitare i tabià (fienili) aperti al pubblico per l’occasione e adibiti a mostre, osservare artigiani all’opera e persone del luogo vestite in abiti tipici tirolesi impegnate in dimostrazioni di antichi lavori, assaggiare i prodotti tipici della cucina ladina e di quella orientale, ballare al ritmo della musica delle varie band folkloristiche e assistere ai concerti del Coro Enrosadira e della Banda di Moena.

La via dei presepi

In inverno, in occasione delle feste natalizie, il Grop de Turchia organizza una "via dei presepi": gli abitanti del quartiere allestiscono dei presepi lungo la strada fuori dalle loro case e la passeggiata nel rione diventa una piacevole visita ai presepi dei Turchi.

Il più spettacolare è sicuramente quello allestito all'interno del Tabià Copeto, a grandezza naturale, inserito in un'ambientazione davvero unica. Il giorno di Natale, davanti a questo presepe, il coro Enrosadira augura buon Natale tenendo un breve concerto all'aperto. 

Ciajeole 

Il nome del rione più antico del paese deriva da “ciajea”, in italiano casera, termine per indicare gli spazi in cui veniva prodotto il formaggio.

Questa zona è stata la prima area abitata di Moena, insediata dai pastori provenienti dalla Val d’Ega intorno all’anno Mille. In quest’antico rione risiedeva una volta la Canonica, oggi collocata nei pressi della chiesa di San Vigilio; l’antica sede è ancor oggi riconoscibile grazie a uno spettacolare affresco di Valentino Rovisi, noto pittore moenese del Settecento, al quale fino a poco tempo fa era dedicata la stessa via dove è ubicato l’edificio, ma che attualmente è stata ribattezzata in Strada Salejada.

Si narra che questa vecchia canonica ospitò nel 1703 il Vescovo di Trento Giovanni Michele Spaur, in fuga dalla città a seguito dell’avanzata dei francesi. Una volta che la situazione si placò, dopo quattro mesi passati in incognito, il vescovo uscì allo scoperto e per festeggiare lo scampato pericolo consacrò la chiesa di Sorte.

Da vedere

La via è ricca di “tabià”, tra i quali merita attenzione il “Tabià de la Regola”, fienile dove una volta si riunivano gli amministratori della Regola della Comunità di Fiemme. Molto interessanti da vedere sono anche la chiesetta della Madonnina, costruita nel 1713 e “Ciasa Piaz”, risalente ai primi del Settecento e anch’essa decorata da un affresco di Rovisi. Anche in questo rione da qualche anno si organizza la Festa di Ciajeole, una festa simile a quella di Turchia, dove è possibile mangiare, ballare e visitare gli interni dei tabià adibiti a mostre.  

Ciarnadoi 

Il rione ha inizio con la “Pontea de Ciarnadoi”, in italiano "salita del Ciarnadoi", dove è posto un capitello dedicato a San Rocco. L’edicola risale al 1572 ed è il ricordo della terribile peste che nello stesso anno colpì Moena provocando una vera e propria strage. Il capitello venne così innalzato dagli abitanti sopravissuti come ringraziamento per essere ancora vivi. Gli affreschi vennero dipinti successivamente dal pittore settecentesco Valentino Rovisi.

Appena prima del capitello, confinante col rione ma non facente parte di esso, la “Botega del Pinter”, in italiano "Bottega del Bottaio", sezione staccata dell’Istitut Cultural Ladin, ex laboratorio del bottaio Domenico Dellantonio (1851-1937), oggi museo dove trovano posto tutte le attrezzature specifiche del mestiere, organizzate secondo le diverse fasi di lavorazione.

CENTRO STORICO 

Il centro storico è una zona di grande interesse, nella quale si accostano edifici di valore storico a edifici nuovi o completamente ristrutturati.

Il centro ospita uno degli immobili più antichi del paese, “Ciasa Ramon”, situata nell’omonima piazza, che si presume sia stata ricostruita in muratura nel ‘600 su un precedente stabile trecentesco. La casa è decorata da due affreschi, i quali sono però in condizioni irreversibili.

Nella stessa piazza si può ammirare l’edificio che una volta era l’albergo Alpino, in netto contrasto architettonico con il fienile al suo fianco, il “Tabià Janac”, di notevole interesse perché ricopre tutte le caratteristiche di una tipica costruzione dell’epoca; si notino ad esempio il ponte con l’entrata, l’antico terrazzino, o il grigliato per l’essicazione delle pannocchie di grano. Di fronte a questo tabià si trova quella che una volta era la casa del dazio, mentre, sul lato opposto della piazza, si trova un altro interessantissimo fienile, il “Tabià Bander” e, proseguendo, si incontra una delle case più tipiche e imponenti della Moena di un tempo, "Ciasa Cioto", affiancata da un fienile e di fronte a "Ciasa Chiochet", edificio affrescato nel 1658 dal pittore agordino Zuane Forcellini.

Strada Riccardo Löwy 

La via principale di Moena è dedicata all’ufficiale ingegnere austriaco Riccardo Löwy, ebreo nato nel 1866 in Boemia, che venne mandato a Moena per dirigere i lavori di fortificazione del paese e del passo San Pellegrino. Grazie a quest’incarico, l’ufficiale fece in modo di inserire nella sua squadra di lavoro molti giovani e padri di famiglia, non solo per conferire loro una buona retribuzione, ma anche perché così facendo evitò a molti la chiamata alle armi e l’invio al fronte. Finita la guerra, nel 1918 ricevette la cittadinanza onoraria di Moena e se ne andò dal paese per tornarvi con la famiglia nel 1942, quando purtroppo venne arrestato perché ebreo. Si dice che venne portato ad Auschwitz dove, insieme alla sua famiglia, trovò la morte.

Questa è l'arteria principale del paese, sulla quale si affacciano alcuni alberghi, i giardinetti e dalla quale si accede alle due piazze.  

Località Navalge 

Il nome Navalge indica “terra nuova”, ovvero una terra in continua bonifica a causa delle esondazioni. Si dice infatti che laddove oggi sorgono il centro polifunzionale di Moena e l’area parcheggio più ampia del paese, una volta ci fosse un lago che venne poi bonificato per ottenere le terre da adibire a orti. Lo stemma di Moena, rappresentante un barcaiolo su un lago, prenderebbe origine proprio dal lago che occupava tutta la zona bassa del paese.

Attraversando i campi da tennis, calcetto, bocce e beach volley e salendo fino ad oltrepassare il parco giochi comunale, si raggiunge il “Pont de Mur”, ponte in pietra del 1749, ricostruito nel 1882, di grande interesse storico.

Ischiacia 

Questa è una zona alluvionale che nel corso della storia venne messa in ginocchio da diverse inondazioni del fiume Avisio.

Qui si trovano due prestigiosi e antichissimi tabià, quello nei pressi dell’enoteca, perfettamente conservato e aperto al pubblico nel periodo della Festa di Turchia (la via è adiacente al rione), e il “Tabià Bargiona”, del 1571, conservato in perfette condizioni.

Zona alta di Moena

La zona è raggiungibile partendo da Piaz de Sotegrava e inoltrandosi in Strada E. Zanoner- Canori, dove si può vedere “Ciasa Gabana”, caratteristica dimora rurale affrescata da un ignoto pittore del XVII secolo, ricca di parti in legno e di particolari attrezzi, sempre in legno, appesi alle pareti.

Poco distante si trova l’abitazione di Luigi Canori, celebre compositore moenese ricordato come il più famoso musicista della Val di Fassa che, oltre ad aver scritto quello che poi sarebbe diventato l’inno della valle, è noto anche per aver composto diversi pezzi liturgici in lingua ladina.

La zona alta del paese, appena sopra la casa di Canori, offre una moltitudine di vecchi fienili: il “Tabià del Val”, che risale agli anni settanta del 1700, i fienili “Kicoto” e “Cioto”, la “Ciasa e tabià Subia”, ammodernata nel 1594 e successivamente nel 1764, la “Ciasa Zadin”, di particolare interesse e risalente al 1546, e ancora il “Tabià Daprà” della seconda metà del Settecento, il “Tabià Piaz” e l’adiacente “Tabià Tofol”, del 1602.

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